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Qualcosa in più su Okinawa...

di Mauro Frota, IOGKF Portogallo
traduzione di Fabrizio Angelici da International Newsletter n.52


Così, come tutti quelli che hanno scritto del BUDO SAI e di tutte le esperienze avute durante l’ evento stesso, ho capito che avrei potuto condividere un’esperienza in più e raccontare che cosa è accaduto nei giorni successivi la chiusura del Gasshuku.

Il mattino seguente il Sayonara Party, Cristina ( un’altra karateka portoghese che mi ha accompagnato in questa "avventura" ) ed io abbiamo preso un volo per Tokyo, dove saremmo rimasti tre giorni. La nostra visita alla principale città del Giappone era finalizzata principalmente a fare alcuni giri turistici - templi, acquario, musei - sebbene non fu possibile visitare il RYUBUKAI TOKYO-HONBU RYUBU- KAN (l’Honbu Dojo IOGKF di Tokyo) chiuso per il fine settimana. Ma la nostra permanenza è stata, a dir poco, interessante - siamo passati attraverso un terremoto e quasi incontrato "REX", un tifone. Fortunatamente tornammo al clima caldo ed umido di Naha la mattina prima che colpisse Tokyo. Una volta tornati ad Okinawa ci recammo all’ Higaonna Dojo, dove fummo ospiti per le successive due settimane. Quel che è accaduto è stato, credo, il sogno di ogni serio praticante di Goju-Ryu. Se non altro è stato persino più incredibile di quanto avessi mai immaginato.

Nelle prime due o tre sedute di allenamento fummo in compagnia di altri karateka della Germania, dei Paesi Bassi e di Israele. Il nostro gruppetto, dai sette ai nove praticanti, era guidato da Shihan Morio Higaonna, il quale innanzi tutto ci insegnò i kata nel modo tradizionale. Dopo avere tutti praticato i kata di base, egli chiese ad ognuno di noi di alzarsi ed eseguire quelli avanzati (secondo il grado). Ricordo ancora lo stare in piedi di fronte a Sensei Higaonna, tremando dall’agitazione e pensando quanto piccoli tutti noi ci sentiamo guardando negli occhi il "Leone di Okinawa"- io mi sono sentito per un momento paralizzato, ed ho dimenticato il kata che stavo per eseguire ...

Gli allenamenti duravano due o tre ore ogni giorno (senza aria condizionata), lasciando il mio karategi completamente inzuppato di sudore. Se fu duro quando eravamo in sette, risultò ancora più duro quando ciascuno tornò al proprio paese, lasciando me e Cristina con due o tre praticanti locali (quando chiesi a Higaonna Shihan la ragione di così pochi okinawensi all’allenamento egli mi rispose che era un’occasione speciale ad Okinawa, così ognuno partiva per fare visita ai propri familiari). Così, per alcune sessioni di allenamento, fummo solamente Cristina ed io davanti a Sensei Higaonna, praticando kihon, condizionamento, kata, allenamento delle parate e hojo undo - i nigiri game ed il kongoken del Maestro mi hanno impressionato molto!

Debbo confessare che, dopo poco, ero piuttosto intimorito nel sentire le parole di Sensei Higaonna echeggiare nella mia testa - "mo ichi do....più forte....più veloce....bassi, bassi....". La sera eravamo così stanchi e traballanti dall’ allenamento che cominciammo a comperare la nostra cena in anticipo, perché non avevamo il coraggio di uscire dal dojo (desideravamo solamente una buona notte di sonno, anche se sapevamo che alle 7:30 ci saremmo dovuti alzare - per il Maestro era tempo di allenarsi !!!). In due occasioni Sensei Higaonna ci permise di assistere al suo allenamento mentre pulivamo e spazzavamo il dojo e quello che vidi rimarrà per sempre stampato nel mio cuore. Mi sentivo come un bambino che stava iniziando a scoprire il mondo e, dopo aver osservato Sensei Higaonna colpire il makiwara per circa un’ora, proseguire l’ allenamento di shuto uchi su una piccola pietra e sul muro, finire l’allenamento con spostamenti in neko ashi dachi, non sarei potuto essere più d’accordo con il defunto Don Draeger quando affermava che Sensei Higaonna era " il karateka più forte del Giappone in una situazione di combattimento reale ". Rimasi molto meravigliato di vedere come una tale potenza distruttiva potesse essere racchiusa in un semplice ed umile uomo e, allo stesso tempo, guardando negli occhi scintillanti del Maestro, ho ricordato ancora Sakiyama Sogen Roshi definirlo un vero " santo del karate " così come lo è stato Bushi Miyagi Chojun.

In una occasione chiesi a Sensei di spiegarci come avremmo potuto raggiungere il Museo della Prefettura di Okinawa.

Invece di indicarci la strada, egli disse che ci avrebbe portato là con lui il mattino successivo. Così abbiamo avuto il privilegio di visitare il museo sotto la guida di Sensei Higaonna. Il museo riguardava temi differenti così come la evoluzione della popolazione, la storia antica e moderna di Okinawa, le scienze naturali ed altro, ma la "perla" per chiunque percorra la Via del karate è un piccolo filmato in bianco e nero, girato all’ inizio del ventesimo secolo, che rappresenta tutte le forme di cultura di quegli anni. Anche il karate è presente, con gli studenti di Sensei Chojun Miyagi intenti nella pratica di Seiyunchin, Kururunfa e hojo undo (n.d.r. il filmato dovrebbe contenere anche un brevissima ripresa di Miyagi Chojun Sensei mentre esegue il kata Kururunfa). Sensei Higaonna ci disse che l’ uomo che stava facendo gli esercizi con i chishi era Sakiyama Roshi da giovane. Dopodichè Sensei ci invitò a pranzo con lui e, una volta al ristorante, potei fare tutte le domande che tenevo dentro di me da tanto tempo.

In Portogallo, oltre a studiare scienze sportive e praticare karate Goju-Ryu, sono anche istruttore subacqueo. Così amo il mare quasi quanto il karate e non avrei potuto perdere l’ opportunità di immergermi nelle pulite, calde e colorate acque delle vicine isole di Okinawa (anche Cristina ha imparato ad immergersi con me). Sono stato nell’ isola di Tokashiki per quattro giorni, così come in altre piccole isole dell’ arcipelago di Kerama. Là ho incontrato tartarughe marine, pesci scorpione, pesci pagliaccio, pesci angelo, pesci farfalla, serpenti di mare e molte altre specie.

Il 14 settembre decisi di festeggiare il mio compleanno (compivo 21 anni) con un’ ultima immersione in "paradiso".

Nel pomeriggio, mentre stavo tornando dal giro in barca all’isola di Kuru, ricevetti il più grosso regalo che mi abbiano mai fatto: mentre camminavo lungo Kokusai Dori, tornando al dojo, vidi Sensei An’ichi Miyagi alla fermata dell’ autobus. Non sapevo come avvicinarlo, ma come vide la mia maglietta del Budo Sai il ghiaccio fu rotto. Iniziammo a parlare e, poco dopo, Sensei ci disse che si sarebbe recato al dojo il mattino dopo, alle 10:00, per un allenamento privato con noi. Ero così emozionato che quella notte dormii a malapena. Il mio cuore palpitava e sudavo più del normale; per un momento ho persino iniziato a tremare. Non avrei mai potuto crederci !!!

Il mattino successivo ci alzammo prima del solito e raccontammo cosa successe la notte trascorsa a Sensei Higaonna.

Dopo aver ascoltato le nostre parole, Sensei ci disse che ad An’ichi Shihan piaceva che tutto fosse pulito, e così le prime ore del mattino passarono preparando la sua visita. E’ praticamente impossibile descrivere a parole quanto An’ichi Miyagi Shihan fosse incredibilmente umile, sincero ed amichevole ed i suoi modi semplici ma pieni di significato. Questo è ciò che accadde: An’ichi Miyagi Sensei giunse e, come arrivammo di fronte al lato d’onore del dojo dove fare il saluto, Cristina ed io facemmo un passo indietro, ma Sensei ci fermò ed invitò ognuno di noi a mettersi accanto a lui allo stesso livello ( un semplice gesto che mi ricorderà per sempre che non ci sono differenze tra ognuno di noi ).

Quindi iniziò l’ allenamento spiegando alcuni punti chiave dei kata di base e, come Cristina eseguì, indicando con un bastone tutti i punti vitali, mostrandoci il modo corretto. Allora venne il mio turno. Iniziai facendo il kata Sanchin, senza la giacca del gi, sentendo durante tutto il tempo le mani di An’ichi Sensei fare shime (ancora ed ancora).

Dopodichè Sensei mi disse di eseguire il Kaishugata ancora senza giacca, nel modo tradizionale. Mi sentii molto strano perché provai a fare del mio meglio sebbene non mi fossi mai allenato in quella maniera. Sensei provava di continuo a spiegarci ogni cosa con le parole del suo Maestro - quasi ogni frase iniziava con: " Miyagi Sensei un tempo diceva...". Durante l’ allenamento ci fermavamo costantemente per sentirlo raccontare le sue esperienze con il fondatore del karate Goju-Ryu, permettendoci di fare delle domande. Ci insegnò anche tecniche di difesa personale che egli stesso dimostrò, permettendomi di provare la sua forza (rispetto l’ età avanzata) e la sua morbidezza, così come un tipo di " kakie cinese " appreso dal Bushi Miyagi Chojun. Discutemmo di filosofia delle arti marziali, del libro "Bubishi" e di altri argomenti; ed a tutto questo Sensei rispondeva sempre con un cuore generoso ed uno scintillio nei suoi occhi - potevamo vedere quanto egli fosse entusiasta nel trasmettere agli altri le parole del proprio defunto insegnante. Ci disse di non combattere mai e di praticare il kakie diligentemente.

Alla fine dell’allenamento, mentre stavamo bevendo un tè freddo, Sensei ci mostrò alcune sue foto a Lisbona, Portogallo, fatte quando lavorava su una nave, dopo la morte di Miyagi Chojun.

Dopodichè tre di noi andammo a casa di Higaonna Sensei, dove fummo ospitati magnificamente dalla signora Toshi Higaonna. La sola parola che mi torna alla mente quando ricordo l’ esecuzione del kata Tensho e del kakie fatta da An’ichi Miyagi Sensei davanti a me è poesia, pura poesia. Ho avuto la fortuna di allenarmi ed ascoltare le parole del più saggio dei Maestri, un piccolo uomo con infinite dimensioni dove il Goju-Ryu è racchiuso, un uomo che ha amato e curato il suo insegnante in un modo che posso soltanto credere di comprendere...un uomo semplice ed umile.

Siamo partiti il mattino successivo! Alle 5:30 un okinawense del dojo di Higaonna (sfortunatamente non ricordo il suo nome) ci portò all’ aereoporto di Naha. Ricordo i saluti ad Higaonna Shihan e le sue cordiali parole, invitandoci a tornare ancora il prossimo anno.....se solo potessimo.

© Copyright P. Spongia 1999


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